Nell’antichità, in tutte le religioni europee, gli alberi – e di conseguenza i boschi – erano ritenuti sacri ed oggetto di culto. In particolare la cultura italica e, in seguito, quella romana riservavano un’importanza particolare al bosco.
Nel mondo romano si consideravano i boschi come luoghi di importanza tale, che esistevano ben tre diversi vocaboli per definirli, secondo la particolare e significativa accezione da attribuire loro.
In primis esisteva il termine silva.
Silva è termine generico, che definisce quell’insieme di alberi che formano una foresta incolta, fitta, estesa, e per accedere ad essa non esiste alcun ingresso creato dall’uomo. E’ il bosco nel suo stato naturale, in cui aleggia la divinità – che aleggia dappertutto, nel mondo, ma nel bosco silenzioso più facilmente si può intravedere – e, talvolta, della divinità viene eletto a dimora.
Virgilio descrive l’incontro di Enea con la madre Venere e lo ambienta in un bosco (Aen. I, 305 e segg.): nel bosco la divinità appare, si veste d’una forma umana – pur assumendo l’apparenza d’una fanciulla simile ad un’altra divinità, Diana – e l’uomo pius per eccellenza, Enea, intravede per un attimo la luce divina trapelare da quella forma umana, e riconosce la Dea.
Dante si smarrisce in una selva, ma questa diventa motivo di ricerca del sacro, e lo porta all’incontro con Virgilio.
La selva, luogo in cui la natura si esprime in piena libertà, può essere occasione di incontro fra l’Uomo ed il Divino.
Altro termine che indica il bosco, in latino, è lucus: è il vero e proprio bosco sacro.
E, in effetti, il termine lucumone ne trae origine, indicando il re in accezione sacerdotale.
Ma esiste anche il termine nemus, che indica ugualmente il bosco sacro, secondo la radice comune con il celtico nemeton, che indica appunto un luogo sacro, ed il greco νέμω ha i seguenti significati
1 distribuire, spartire, dividere, attribuire, dare, concedere, assegnare
2 ritenere, giudicare, stimare; accettare o scegliere per…
3 pascolare, condurre al pascolo, di pastore; pascere, andare al pascolo, mangiare, detto di greggi
4 tenere, occupare, possedere, godere come cosa propria, abitare
5 amministrare, maneggiare, reggere, signoreggiare
6 (medio) dividere, spartire con altri; pascere, mangiare, divorare, consumare, anche figurato; dilatarsi; occupare, possedere, godere, abitare; reggere, amministrare
Occorre comprendere quale sia la differenza tra lucus e nemus.
Secondo Servio, il lucus è un insieme di alberi dotato di carattere sacro, mentre il nemus sarebbe un insieme di alberi ordinati, piantato dall’uomo. Tra gli autori moderni lo segue Pierre Grimal che distingue il lucus, che sarebbe il bosco sacro italico, selvaggio, dal nemus, il bosco sacro di tipo greco, umanizzato. Questo però contraddice alcuni autori più vicini alla religione romana: uno tra tutto Orazio che definisce Diana signora dei monti e dei boschi, usando la parola nemus: com’è possibile che Diana sia la dea dei boschi piantati dall’uomo? Catone ci parla invece di un lucus che sarebbe stato dedicato a Diana all’interno del nemus di Ariccia. In altri autori si parla di lucus collocato all’interno di una silva: un bosco in un bosco?
In realtà, il lucus è un bosco solo in epoca molto tarda; alcuni luci ospitavano in tempi molto antichi assemblee federali (un po’ scomode da tenere tra gli alberi incolti!).
Il lucus è in realtà una radura, che può essere anche creata dall’uomo come spiega Catone nel De agri cultura, se gli alberi vengono tagliati con i dovuti riti, ma che è sacra di per sé, quasi come un luogo di contatto tra l’uomo e il divino che abita nel bosco, che si tratti di un nemus o di una silva. Fu probabilmente con la restrizione dei luoghi incolti dovuta all’espansione dell’agricoltura e dell’urbanizzazione che la parola lucus passò ad indicare il bosco; il nemus invece è un bosco che ha carattere sacro perché sorge in terreni sacri o perché viene consacrato, come un tempio.
Paragonando il sistema nemus-lucus al tempio, il nemus è la sua cella, il luogo riservato alla divinità che lo abita, il lucus il luogo in cui sono ammessi anche gli uomini.
E nella costruzione dei Templi l’albero è presente sotto forma di colonna: così come già in Egitto le colonne sono costituite dallo stelo del papiro o di fiori di loto, o da fusti di palma.
La palma, albero del deserto, ed in esso fonte di vita; il loto, fiore dal forte significato spirituale per via della sua particolarità di affondare le radici nel fango, di distendersi sulla superficie delle acque stagnanti uscendo da esse immacolato e bellissimo, e per questo è il simbolo di chi vive nel mondo senza esserne contaminato Il Loto, in egizio seshen, era il fiore della Nymphaea considerato sacro per gli Egizi, emblema di rinascita per la sua caratteristica di chiudere la propria corolla sprofondando nell’acqua la sera e di schiuderla riemergendo all’alba orientandola verso la luce del sole. Così similmente Atum si rigenerava dopo il viaggio notturno attraverso il Nun nel suo ciclo cosmico.
Il papiro, sacro perché su di esso il dio Thot scrive la legge divina: il dio della sapienza, della magia, della scrittura, del tempo, della matematica e geometria. E, soprattutto, della Luna: la Luna di cui è divinità la latina Diana, la cacciatrice che si aggira nei boschi.
Il luogo in cui gli uomini si prefiggono di incontrare il divino, la Cattedrale, si circonda delle colonne che delimitano il sacro recinto, e sorreggono il “cielo” costituito dal tetto, che spesso mantiene, come nei Templi egizi, la decorazione che rappresenta il cielo stellato.
Il Tempio Massonico, ancora più fedele alla tradizione antica, si contorna di colonne e non ha mai copertura: il cielo stellato è la sua volta, ed il muro che lo circonda non è finito. Per essere luogo d’incontro con il divino, racchiuso, sacro, ma in eterna costruzione, per essere il Tempio di tutti gli uomini che vi giungono spinti dal desiderio.
M.A.C.