foresta cattedrale

Tra i rami dei grandi alberi mi sono arrampicato per guardare il cielo…
con la loro frutta mi sono sfamato
con il loro legno mi sono riscaldato
a loro devo la mia vita
(Mario Rigoni Stern)

Alberi. Boschi. Foreste.
Siamo così abituati alla loro presenza che non li vediamo più, non ammiriamo più la loro elegante armonia, non ci accorgiamo di questa silenziosa e immobile presenza che fa da scenario all’orizzonte, ombreggia i viali trafficati, delimita campagne, confini e pendici, ombreggia il paesaggio e resiste strenuamente al cemento che avanza.
Bagnati di rugiada, piegati dal vento, carichi di neve, illuminati dal sole, privi di foglie o carichi di frutti gli alberi sono il simbolo della Natura, un libro dove possiamo leggere una sapienza secolare, scoprire regole antichissime, ascoltare il respiro del mondo.

Ma noi umani, troppo spesso asserviti dalle e alle logiche del potere, dalla bramosia di denaro, dall’attrazione del superfluo, non ascoltiamo più, abbiamo dimenticato la stretta alleanza  che per secoli ha unito l’uomo al mondo arboreo, di quando si camminava e si cresceva insieme ascoltandosi, rispettandosi in
nome di un equilibrio vitale per il pianeta. Gli alberi non sono cambiati, sono ancora il nostro alleato più importante. Noi invece abbiamo smesso di esserlo da tempo. Li trattiamo come oggetti passivi e non come soggetti attivi che ci permettono di respirare e di nutrirci con i loro frutti.
Della nostra disattenzione verso la natura, dell’oblio riservato alla conoscenza un tempo in nostro possesso e dell’ignoranza, nel senso di ignorare, che attraversa la maggioranza di noi tutti si è parlato nel Convegno “La Foresta e la Cattedrale” che si è tenuto al Gran Hotel di Forli lo scorso 24 settembre. Organizzato dall’Associazione culturale Centro Studi Antrophos, con la Gran Loggia Druidica d’Italia e il Circolo Culturale Aurelio Saffi di Forlì.
Introdotti dal saluto di Luigi Bastiani, Presidente di Antrophos e nostro Pot.mo e Ven.mo Fr. Luigi Bastiani, Gran Maestro Emerito, i relatori hanno tracciato un
quadro preciso del rapporto con la natura, approfondito i tratti essenziali della catena iniziatica che ininterrottamente collega l’antica sapienza dei Druidi, tramite il cristianesimo celtico dalle inclinazioni giovannite alla Massoneria scozzese, ed analizzato alcuni aspetti archetipici e simbolici. Tanti sono stati i luoghi dell’incontro e della trasmissione che nei secoli hanno visto coinvolti i cantieri, le logge, le radure boschive e le sedi delle corporazioni di mestiere. Era in questi punti d’incontro
che i giovani apprendisti venivano introdotti ed educati alle arti e all’Arte Reale, entravano in contato con il nucleo essenziale di sacralità e di sacerdotalità.
Un viaggio nella sapienza antica, trasmessa dai Druidi ai Monaci celtici e quindi giunta a noi attraverso i sapienti insegnamenti dei monaci Culdei e Tironesi.
Un viaggio nell’antica sapienza trasmessa dai Druidi al monachesimo celtico e a noi giunta attraverso i sapienti monaci Culdei e Tironesi: Gente d’Arte, come gli Aes Dana, maestri costruttori del legno e della pietra e cultori della Tradizione.

LA SAPIENZA DELL’ALBERO

Riscopriamo allora, grazie alla relazione del Ven.mo Silvano Danesi Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli A:.L:.A:.M:. e dedicata a “La sapienza del legno e i riti forestali” il fortissimo legame esistente tra uomo e natura, di come fosse strutturata la società nel mondo celtico e di come le loro attività pre industrali fossero fortemente legate alla foresta e da essa definite, dove l’equilibrio era rappresentato dalla conoscenza, l’albero era maestro dell’acqua e della pietra, l’uomo maestro del fuoco e del legno. Apprendiamo della simbologia fortemente iniziatica intrinseca nell’attività del carbonaro che svolgeva il proprio lavoro, ossia erigere pire con rami tagliati nei giorni di luna calante e produrre carbone, nelle piccole radure disseminate nei boschi, luoghi di incontro e lavoro raggiungibili seguendo una fitta rete di sentieri connessi e trasversali alla foresta; di come il bosco sacro fosse un luogo isolato, protetto e abitato da un dio, il carbonaro “Profeta delle Foreste” e dai suoi iniziati, del fatto che in latino il bosco sacro è anche un lucus e che da lucus, un riparo di fronde, nasca la parola Loggia. E quindi di come la loggia altro non sia che un piccolo riparo di fronde in un bosco, una capanna in una radura dove svolgere l’attività di carboneria.

COSTRUTTORI DI CATTEDRALI

Ci porta al 1100 nella foresta di Craon, nella regione della Loira, e dell’incontro di tre monaci culdei la relazione di Matteo Passeri della Gran loggia Druidica d’Italia.
I monaci camminando insieme su sentieri sterrati condividono un tratto di vita, prima di andare ognuno per la sua strada.
Quello scambio di opinioni, idee, conoscenze avrà un’influenza importante. Dopo quell’incontro, o in conseguenza allo stesso, ciascuno di essi fonderà un ordine monastico cui affiderà un antico sapere che deve essere divulgato. Gli ordini monastici scaturiti da quel percorso condiviso avranno poi molta influenza sul quadro politico e culturale della primo millennio, un secolo che ha visto la costruzione delle prime cattedrali e la diffusione degli ordini monastici su tutto il territorio europeo, la nascita del monachesimo femminile, fino ai possibili collegamenti con i templari e le famiglie regnati più importanti e influenti dell’epoca Nella relazione intitolata “I monaci tironesi costruttori di cattedrali” di Matteo Passeri incontriamo un ordine religioso passato alla storia per la grande maestria nell’arte della costruzione con la pietra e chiamati Tironesi dal nome della località in cui sorgeva la loro Abbazia.

IL BOSCO È UN LUOGO SACRO

Con la relazione dedicata al “Bosco sacro e il linguaggio degli alberi” Federico Gasparotti cofondatore della Loggia Druidica Italiana, ci riporta nel mondo arboreo
centro della sacralità dell’uomo, attraverso il quale gli Dei di ogni epoca e luogo, si sono manifestati all’umanità, come il fico di Buddha, il frassino di Odino,
la quercia e Zeus, il pruno ardente di Jawhe. L’antica sapienza europea scorreva nei boschi di querce, nelle radure dove uomini il cui nome si è perso nella notte
de tempi, conoscevano molto bene il ruolo simbolico di ciascun albero e compivano riti legati alle loro cattedrali: le foreste. Di questa arte e sacralità si impossessò il cristianesimo per attirare a se i gentili, ossia i pagani, proseguendo nel solco che per secoli aveva guidato il vasto territorio europeo, adottando lo stesso linguaggio dei druidi, facendo proprie le antiche festività pagane, consacrando fonti e alberi per arrivare a sostituire con i propri santi il politeismo animista dell’antica religione e infine costruendo cattedrali di pietra al posto delle foreste-cattedrali.
Certo il lato pagano di un’Europa che stava scomparendo trovò il modo di vendicarsi. Le conoscenze secolari degli uomini d’ascia si dimostrarono indispensabili agli stessi costruttori di chiese e cattedrali che dovettero inchinarsi al fatto che ogni albero aveva una sua funzione precisa nella lavorazione e nella costruzione, ricopriva un preciso potere calorico e meccanico, simboleggiava forze naturali e simboli eterni. Fu una vendetta sottile e incisiva ancora oggi visibile e ammirabile nelle imponenti Cattedrali.